di Gianluca Ciacci
Ieri alla Festa del Cinema di Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di sua figlia, è stato presentato The Irishman di Martin Scorsese, presente anche lui in sala: un film potente, una saga sulla criminalità organizzata con il “suo” Robert De Niro, ma anche un film all’avanguardia, perché realizzato con tecnologie che hanno permesso di ringiovanire gli attori. Finanziato da Netflix (con costi di produzione nell’ordine di 140 milioni di dollari!) sarà nei cinema dal 4 al 6 novembre e poi dal 27 novembre sulla piattaforma streaming.
The Irishman è soprattutto un film (210 minuti che vi incolleranno sulla poltrona) sul percorso di una vita, sul trascorrere del tempo, l’ineluttabilità della morte, come ha spiegato lo stesso Scorsese: “De Niro e io volevamo fare un altro film insieme e cercavamo il personaggio giusto; quando Bob ha ricevuto il libro di Charles Brandt abbiamo discusso del personaggio di Frank e ho sentito la sua emozione. – ha detto – Abbiamo capito che doveva essere qualcosa di più profondo questa volta, che il punto di vista giusto era quello dell’età, del tempo che passa, della mortalità, dell’amore, del rimorso”.
Un film che possiamo tranquillamente definire malinconico (nella sua crudezza), quasi un testamento, dove aleggia sempre la difficile condizione umana, la sua precarietà. Straordinari protagonisti di The Irishman sono Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci. Frank “The Irishman” Sheeran (De Niro) ripercorre le fasi della sua vita: la sua ascesa criminale grazie al “padrino” Russel Bufalino (un meraviglioso Joe Pesci), dagli anni Cinquanta ai Settanta, l’incontro e l’amicizia con il leggendario Jimmy Hoffa (Al Pacino), a capo del potentissimo sindacato degli autotrasportatori, poi misteriosamente scomparso. Il film è la storia di un uomo che agisce come un soldato all’interno dell’organizzazione criminale (responsabile di più di venticinque omicidi) ed è il viaggio attraverso i segreti di quell`organizzazione: i meccanismi, le rivalità, i legami con il potere e la politica. “La sua storia personale è una storia che parla a tutti, senza tempo, con i conflitti umani, tra moralità e non moralità” ha spiegato Scorsese. Un film sulla condizione umana di un uomo che, secondo il regista, è a suo agio con la malinconia: “semplicemente accetta che la morte fa parte della vita, tutto il resto è passato”. Non c’è empatia, in “The Irishman”, nessun pericolo di ispirare culti giovanili sbagliati. E le donne (tra loro Anna Paquin) fanno tappezzeria, con l’eccezione della figlia di Jack, Peggy, che fin da bambina guarda e giudica in silenzio la violenza che la circonda. Dopo la “strana” scomparsa di Hoffa, l’unico che rispettava, taglierà i ponti col padre. Questo film racconta di fine vita e destino umano, inizia non a caso in un ospizio dove troviamo un De Niro molto vecchio, un uomo che ha già scelto e comprato la sua bara, che prega con un sacerdote e che dice, con immensa complicità, a una giovane infermiera che lo assiste: “Stia attenta il tempo va veloce”. Ma la frase che più colpisce è quella cinica di Sheeran-De Niro: “Perché tre persone mantengano il segreto, due devono essere già morte”
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