Quando arrivi a Machu Picchu dopo una breve camminata, il cuore ti batte forte per l’emozione: davanti ai tuoi occhi, avvolto dalle nuvole basse, in una sorta di anfiteatro naturale, si trova una dei luoghi più affascinanti e magici di tutto il pianeta.
Il sole dissipa lentamente le nubi e le grandi pietre chiare che compongono la cittadella perduta degli inca cominciano a luccicare. Fra le strutture imponenti, qualche lama bruca placido l’erba. È uno spettacolo toccante e appagante, che da solo vale l’intero viaggio. A dispetto di quanto si è creduto fino a pochi anni fa, questa cittadella a ridosso dell’Amazzonia, era probabilmente un centro di studi per lo sviluppo agricolo, edilizio e astronomico, voluto e fatto costruire da Pachacutec, il più importante sovrano inca.
Machu Picchu non è l’unico luogo del genere in Perù: questo paese, grande come Spagna e Francia messe insieme, è stato la culla di tante civiltà, che hanno lasciato tracce importantissime del proprio passaggio. Fra tutte queste popolazioni, gli inca sono certamente i più conosciuti e studiati: le vestigia del loro antico e potente regno sono disseminate ovunque e spesso convivono con strutture di epoche più recenti, come nel caso della magnifica Cusco.
Come spesso accade quando si tratta di archeologia, non tutto è come appare e strutture che si pensava fossero destinate ad un utilizzo, rivelano, con lo studio e con l’avanzare delle scoperte, la loro vera natura. È ciò che è accaduto a Moray, situato nella Valle Sacra, una sorta di anfiteatro immerso nel verde; recenti studi hanno dimostrato che anche questo luogo, esattamente come Machu Picchu, era un centro di ricerca ante litteram: si suppone che qui gli inca facessero esperimenti per la produzione e la lavorazione delle patate, che dovevano essere liofilizzate per preservarsi a lungo e per diventare più facilmente trasportabili in tutto il territorio dell’impero.
Un luogo totalmente diverso è invece quello delle spettacolari saline di Maras, incuneate fra le pendici di una valle e attive sin dai tempi degli inca. Le vasche di decantazione dell’acqua, disposte su terrazzamenti irregolari, compongono un mosaico ardito dalle cento sfumature ocra, rosa, giallo, arancio, viola. Ancora oggi alcune famiglie vivono del faticosissimo lavoro di estrazione e lavorazione del sale, che si fa con lo stesso antico procedimento già in uso in epoca incaica: i pesanti sacchi vengono caricati a spalle da uomini e donne e portati al magazzino, camminando con agilità sui sottili bordi delle vasche. Agli occhi del visitatore, questo lavoro sembra quasi una danza rituale, veloce e leggera, proveniente da un passato remoto, ma ancora vivo.
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