Al Complesso del Vittoriano di Roma, lo scorso ottobre, è arrivata la grande esposizione interamente dedicata a Claude Monet, il maestro indiscusso dell’Impressionismo en plain air. In mostra circa 60 opere, fino all’11 febbraio 2018, le più care all’artista e che lo stesso Monet conservava nella sua ultima, amatissima dimora di Giverny: prestiti eccezionali tutti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi che raccoglie il nucleo più importante e numeroso delle opere del grandissimo artista francese, grazie alle donazioni dei collezionisti dell’epoca e del figlio Michel.
La mostra, semplicemente intitolata Monet, curata da Marianne Mathieu, storico dell’arte e vice-direttore del Museo Marmottan, incaricata della Collezione Monet, propone l’intero percorso artistico del maestro impressionista a partire dai primissimi lavori, le celebri caricature della fine degli anni cinquanta dell’800 con cui guadagnò i primi soldi e divenne quasi un personaggio nella sua città natale, Le Havre, passando per i paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville, e delle sue tante dimore, inclusa una parentesi in Liguria testimoniata in mostra dal dipinto del castello di Dolceacqua del 1884. Protagonisti anche i ritratti dei figli e le famose tele dedicate ai fiori del suo giardino (costruito sapientemente negli anni al punto che ebbe a dire che se non avesse fatto il pittore sarebbe stato giardiniere e che senza i fiori non avrebbe dipinto), ai salici piangenti, al viale delle rose o al ponticello giapponese, e poi alle monumentali Ninfee. Tra i capolavori in mostra Ritratto di Michel Monet neonato (1878-79), Ninfee (1916-1919), Le Rose (1925-1926), Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905).Al termine di ogni “vagabondaggio estetico” Monet torna a Giverny per finire una nuova serie di tele iniziate e dedicarsi, quando non ha il pennello in mano, alla sua passione per il giardinaggio (si veda Clematidi bianche, 1887). “Il mio giardino è un’opera lenta, perseguita con amore. E non nascondo che ne vado fiero”.
Nel 1890 Monet diventa proprietario della “casa dall’intonaco rosa” a Giverny dove allestisce il primo atelier e inizia a plasmare il giardino facendone il suo soggetto prediletto, quello che dipingerà fino alla morte. L’artista, grande appassionato di giardinaggio, trasforma il terreno piantandovi alberi da frutto e fiori selvatici, come il nasturzio, il papavero, il nontiscordardimé e altri più rari, come le rose e i ciliegi giapponesi, agapanti, gli iris, molti dei quali ben rappresentati in questa sezione. Le piante, così, diventano i soggetti protagonisti della sua pittura. Nel 1893, Monet ottiene il permesso di scavare un bacino in fondo alla proprietà per potervi “coltivare le piante acquatiche” che progetta di dipingere e grazie alle quali intende abbellire lo spazio: questo giardino acquatico, concepito come un quadro, costituisce la trasposizione del mondo in cui l’artista sogna di vivere. Tra il 1899 e il 1902 Monet dedica due serie di tele allo stagno delle ninfee: lo sfondo dei dipinti è occupato da una vegetazione abbondante che forma uno schermo sul quale si stagliano le chiazze colorate delle ninfee. In questo “regno colorato e impregnato dal profumo dei fiori”, Monet introduce le ninfee dipinte in serie a partire dal 1903. Trasformatesi in “una vera e propria ossessione”, esse diventano un soggetto a sé stante. Nel 1902, Monet ridisegna lo stagno delle ninfee facendone la sua ultima creazione, forse la più compiuta. La costante fonte di ispirazione dello specchio d’acqua dà origine al vasto ciclo decorativo che sarà poi collocato presso il Musée de l’Orangerie a Parigi dopo la morte dell’artista che avverrà il 5 dicembre 1926 nella sua amata Giverny.
[in foto: Claude Monet (1840-1926), Le rose, 1925-1926, Olio su tela, 130×200 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet© Musée Marmottan Monet, paris c Bridgeman- Giraudon / presse]
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