“La preziosità o gli arabeschi non sovraccaricano mai i miei disegni, perché quei preziosismi e quegli arabeschi fanno parte della mia orchestrazione del quadro”. Henri Matisse.
La révélation mʹest venue dʹOrient scriveva Henri Matisse nel 1947 al critico Gaston Diehl: una rivelazione che non fu uno shock improvviso ma ‐ come testimoniano i suoi quadri e disegni ‐ viene piuttosto da una crescente frequentazione dellʹOriente e si sviluppa nellʹarco di viaggi, incontri e visite a mostre ed esposizioni. Proposta dalle Scuderie del Quirinale, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Roma Capitale ‐ Assessorato alla Cultura e Turismo, la mostra è organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in coproduzione con MondoMostre e catalogo a cura di Skira editore. In esposizione oltre cento opere di Matisse con alcuni capolavori assoluti ‐ per la prima volta in Italia ‐ dai maggiori musei del mondo: Tate, MET, MoMa, Puškin, Ermitage, Pompidou, Orangerie, Philadelphia, Washington solo per citarne alcuni. Curata da Ester Coen, con un comitato scientifico composto da John Elderfield, Remi Labrusse e Olivier Berggruen, Matisse Arabesque, vuole restituire unʹidea delle suggestioni che lʹOriente ebbe nella pittura di Matisse: un Oriente che, con i suoi artifici, i suoi arabeschi, i suoi colori, suggerisce uno spazio più vasto, un vero spazio plastico e offre un nuovo respiro alle sue composizioni, liberandolo dalle costrizioni formali, dalla necessità della prospettiva e della ʺsomiglianzaʺ per aprire a uno spazio fatto di colori vibranti, a una nuova idea di arte decorativa fondata sull’idea di superficie pura.
Nel corso della sua evoluzione pittorica, Matisse si lascia alle spalle le destrutturazioni e le deformazioni proprie dell’avanguardia, interessandosi ad associazioni con modelli di arte barbarica. Il motivo della decorazione diventa per l’artista la ragione prima di una radicale indagine sulla pittura. Eʹ dai motivi intrecciati delle civiltà antiche che Matisse coglie i principi di rappresentazione di uno spazio diverso che gli consente di “uscire dalla pittura intimistica” di tradizione ottocentesca. Il Marocco, l’Oriente, l’Africa e la Russia, nella loro essenza più spirituale e più lontana dalla dimensione semplicemente decorativa, indicheranno a Matisse nuovi schemi compositivi. Arabeschi, disegni geometrici e orditi, presenti nel mondo Ottomano, nell’arte bizantina, nel mondo ortodosso e nei Primitivi studiati al Louvre; tutti elementi interpretati da Matisse con straordinaria modernità in un linguaggio che, incurante dell’esattezza delle forme naturali, sfiora il sublime.
[in foto: Henri Matisse, Interno con fonografo, 1934, Olio su tela, cm 100,5 x 80, Torino, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, ©Succession H. Matisse by SIAE 2015]
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