Neil LaBute, autore americano tra i più noti della generazione post-Mamet, con all’attivo oltre trenta commedie rappresentate tra Stati Uniti e Europa, si interroga qui su come il contesto socio-culturale influenzi in maniera determinante gli abitanti di un luogo, ponendosi come humus attraverso cui assorbono e interpretano il loro stare al mondo: emerge quindi con chiarezza come dietro la grettezza dei protagonisti della storia si celi una dura critica alle derive della società occidentale. A servizio del testo, la messa in scena è tesa a esaltarne l’energia nei dialoghi serrati, nella sofisticata costruzione di personaggi che, per quanto votati alla bestialità, nascondono nelle pieghe delle loro anime avvizzite dei residui di un’umanità sotterrata dalla durezza della vita che scorre in superficie. È infatti nelle sottili dinamiche interiori dei personaggi e nelle loro relazioni che risiede la capacità di questo testo di colpire e innescare la scintilla della riflessione.
Il tutto è amplificato da un cast di giovani attori che si muovono tra le scene di di Francesco Scandale, rimodellate a seconda dei casi in maniera informale dagli stessi attori, dalla colonna sonora a cura del blog Music#Theatre, di Marcello e Massimo Cotugno, dalle le luci tagliate dai colori acidi, dal verde al ghiaccio, disegnate da Giuseppe Romanelli, e dai costumi essenziali firmati da Cecilia Iommi.
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