Alla periferia dell’ex Impero Sovietico, tra il Mar Caspio e le montagne del Kugitang, si trova il più isolato e misconosciuto Paese dell’Asia Centrale, il Turkmenistan. Occupato per il 90% del suo territorio da deserti di dune e rocce, il Turkmenistan è forse lo stato di quest’area che più di ogni altro ha saputo conservare intatta la sua identità: in queste lande desolate passava la Via della Seta, sorgevano antiche fortezze e caravanserragli, banditi e predoni facevano le loro scorribande e pastori nomadi percorrevano la steppa alla ricerca di pascoli per i loro animali. Oggi il Turkmensitan è cambiato: i pastori sono diventati sedentari e nessun predone terrorizza più chi percorre le piste nel deserto, ma l’anima ancestrale del Paese, la sua identità più profonda, è viva sotto le sabbie del Karakum ed è pronta ad ammaliarvi.
Kel 12 propone un itinerario per veri viaggiatori, per chi non si spaventa della polvere, per chi ama dormire in un campo tendato fra le dune, sotto un immenso cielo trafitto di stelle. L’itinerario parte da Ashgabat, la capitale del Paese, città-oasi che, come un miraggio, sorge improvvisa nel nulla del deserto; è una città moderna, piena di ampie piazze e di edifici in marmo eretti per celebrare la potenza di Turkmenbashi, il Padre della patria, a cui è anche dedicato l’Arco della Neutralità, una sorta di torre su cui svetta una statua dorata dell’ex Presidente, il controverso dittatore Niyazov. M
a la capitale offre anche l’occasione per un primo contatto con l’anima più vera del Paese: al bazar di Tolkuchka, considerato un tempo il più spettacolare mercato dell’Asia Centrale, affastellati tra banchi di frutta e verdura, si trovano pile di tappeti di ogni colore, copricapi in pelo e gioielli tradizionali. Lasciata la capitale, il viaggio prosegue verso oriente fino a raggiungere le rovine di Gonur Depe, l’antica capitale del regno di Margiana, dove nacque lo zoroastrismo; sulla strada, antiche fortezze, resti di moschee e porte del deserto ci raccontano di civiltà potenti e ricchissime, sepolte dalla sabbia e lasciate per secoli in totale abbandono.
E poi comincia il deserto, quello vero, fatto di enormi dune e di piste che corrono parallele e distanti dalla strada principale. Qui vi attende una delle tappe più esaltanti del viaggio: il cratere di Darwaza, un buco di sessanta metri di diametro da cui si sprigionano fiamme rosse. Il cratere arde da oltre 40 anni, offrendo ai viaggiatori una visione –vagamente dantesca- impressionante e particolarmente suggestiva durante la notte: il chiarore delle fiamme si vede infatti a chilometri di distanza. Godetevi il tramonto tra le dune prima di accamparvi per la notte a pochi metri dal cratere. Il giorno seguente si riprende il viaggio attraverso il deserto, questa volta in direzione ovest, per raggiungere prima i resti di Igdykala, un’antica fortezza dell’impero parto, e quindi i canyon di Yangikala, dove millenni or sono, si trovava un mare: le formazioni calcaree simili a torri e mura difensive cambiano colore a seconda della luce e, al tramonto, si infiammano d’oro, di rosso e d’arancio, regalando al visitatore uno spettacolo esaltante.
Dopo una sosta nella città di Turkmenbashi, sulle rive del Mar Caspio, il viaggio continua verso la città carovaniera di Dehistan, un tempo importante avamposto sulla Via della Seta, per proseguire quindi verso la parte meridionale del Karakum e il confine con l’Iran: attraversate le Montagne della Luna, ci si trova nel villaggio di Nohur, catapultati in un medioevo rurale dove le donne e gli uomini, che vestono i variopinti abiti tipici e portano alla cintola i pugnali tradizionali, si considerano i diretti discendenti di Alessandro Magno, passato di qui durante la sua spedizione verso l’India. Approfittate dell’ospitalità calorosa delle genti del luogo, prima di lasciare il villaggio e dirigervi nuovamente verso Ashgabat e fare quindi rientro in Italia.
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